Contro il giornalismo (e non solo) che discrimina.

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    Questa discussione nasce con l'intento di dare una risposta e di fare chiarezza di fronte a quelle che sono le evidenze scientifiche.

    E' ormai appurato da ben oltre dieci anni che una persona sieropositiva in cura farmacologica e con viremia al di sotto delle 200 copie (e in assenza di altre MST, Malattie Sessualmente Trasmesse) non può trasmettere l'infezione neppure se non faccia uso di protezioni.

    Partiamo dalle dichiarazioni di Sandro Mattioli (PLUS ONLUS) e del Prof. Guido Silvestri (e altri esperti/attivisti) in merito al caso mediatico "scoppiato ieri".

    - il primo ad opera di PLUS-ONLUS: www.facebook.com/PLUSonlus/photos/...?type=3&theater

    CITAZIONE
    Con la presente nota redatta in risposta a diverse agenzie e articoli di stampa relativi alla vicenda dell’uomo di Ancona arrestato con l’accusa di lesioni dolose gravissime per essere sospettato di aver trasmesso l’infezione da Hiv alla sua partner e – a quanto si legge – ad altre donne, Sandro Mattioli, presidente di Plus onlus, network di persone LGBT sieropositive desidera cortesemente far presente quanto segue:

    1. È scientificamente provato ormai da un decennio che le persone con Hiv che seguono correttamente una terapia antiretrovirale hanno quantità di virus così basse nel sangue da non essere in grado di trasmettere l’infezione per via sessuale. Questo rende di fatto possibile per una persona con Hiv avere rapporti sessuali senza usare il condom, senza per questo rischiare di trasmettere l’infezione. È quindi scorretto delineare questo comportamento come pericoloso di per sé.

    2. L’uso del termine ‘untore’ è estremamente discriminatorio, offensivo e anche scorretto dal punto di vista giornalistico: come la stessa accusa rileva, se l’uomo ha passato l’infezione alle donne con cui ha avuto rapporti sessuali non lo ha fatto ‘volontariamente’ ma con ‘negligenza’; siamo certi che la distinzione non vi sfugge. Cogliamo l’occasione quindi per pregarvi di evitare l’uso di questo termine in futuro.

    3. La possibilità di fermare la diffusione dell’Hiv passa anche attraverso la diffusione di informazioni corrette e scientificamente fondate; e, soprattutto, sull’evitare ogni forma di scandalismo teso a solleticare il terrore che molte persone ancora hanno nei confronti di questa infezione. Anche se non è forse diretto compito dei giornalisti impegnarsi per fermare l’Hiv, chiediamo di evitare di usare la paura dei lettori verso questo argomento come grimaldello per la notiziabilità di fatti di cronaca.

    - il secondo ad opera del prof. Guido Silvestri (che non ha bisogno di presentazioni) firmato da persone ed esperti che si occupano quotidianamente di HIV: www.facebook.com/guidosilvestriMD/posts/1983529648625380

    CITAZIONE
    LE PAROLE, LO STIGMA, IL NEGAZIONISMO

    Si era appena spenta l’eco del “caso Talluto”, il giovane condannato a 24 anni di carcere per aver consapevolmente infettato con HIV una trentina di partner, quando ecco esplodere un nuovo caso molto simile, che promette di trasformarsi nell’ennesima occasione per la stampa di sollecitare i sentimenti più morbosi e retrivi dell’opinione pubblica. Nell’ennesima ferita inferta con assoluto cinismo alle persone con HIV.

    Un uomo è stato arrestato con l’accusa di avere consapevolmente trasmesso il virus che causa l’AIDS a una partner, forse a più d’una, forse addirittura a decine se non un paio di centinaia, e con il sospetto che la sua convivente morta di AIDS alla fine dell’anno scorso possa essere stata, anche lei, contagiata da lui.

    E quasi tutti i giornali italiani oggi portavano in grande evidenza, nel corpo dell’articolo e sovente anche nel titolo, la parola “untore”. A volte fra virgolette, quasi a volerla ipocritamente ingentilire, a volte invece spoglia e diretta, come un cazzotto in piena pancia alle persone con HIV che lottano per far capire a tutti che avere l’HIV non significa automaticamente avere l’AIDS, che se si è stabilmente in terapia antiretrovirale l’infezione è così ben controllata che il virus scende sotto la soglia che rende chi ce l’ha infettivo, che chi, grazie ai farmaci, ha viremia non rilevabile non potrebbe trasmettere il virus per via sessuale neppure se lo volesse. Ma nessuno padrone di sé vuole consapevolmente trasmettere l’HIV.

    I giornali stanno dunque perdendo l’ennesima occasione per fare sull’HIV/AIDS una informazione corretta e stanno invece mettendo in campo tutto il solito, arcaico apparato di termini stigmatizzanti e di argomentazioni adatte ad attirare i click di lettori in cerca di Grand Guignol: sangue, sesso e morte - meglio se incontrati in Rete da ragazze sprovvedute, così che si possa insinuare che sono state così sciocche e leggere da andarsela a cercare, la sventura che è capitata loro.

    Una pacchia per i venditori di pubblicità. Ma alle reazioni di chi con l’HIV ci deve convivere, al male che fa essere automaticamente associati a un *untore*, chi ci pensa?

    Da molti anni esistono linee guida, in inglese e in italiano, che ricordano ai giornalisti che le parole usate male fanno male e spiegano loro in che modo parlare di HIV/AIDS senza ferire o offendere nessuno, senza perpetuare uno stigma che tutti a parole sembrano voler combattere, ma che sembra in realtà non voler morire mai. Ma la tentazione di solleticare i sentimenti più morbosi dei lettori si rivela sempre più forte della deontologia professionale e del semplice buon senso.

    Questa volta, però, c’è qualcosa di diverso da tutte le altre volte. Questa volta pare che, al momento dell’arresto, l’uomo accusato di aver volutamente trasmesso l’HIV abbia negato di avere l’infezione e sostenuto che l’HIV non esiste.
    Se questa aberrante linea difensiva sarà confermata, se davvero si proverà che costui ha infettato una o più partner perché è un NEGAZIONISTA dell’AIDS e per questo non si è curato e non le ha protette dal contagio, allora avremo una prova chiara quante altre mai della corresponsabilità, morale e ideologica, se non penale, dei teorici negazionisti dell’AIDS in questa tragedia. Persone prive di ogni scrupolo, che hanno propagandato un’ideologia pseudoscientifica, che è stata fatta propria da un profano e ha portato altri a contagiarsi, forse perfino a morire a causa del virus.

    Forse questa è l’occasione per qualche giornalista che abbia ancora a cuore la propria missione professionale di riscattarsi e di parlare dell’infinito male che fanno i negazionisti con la loro ideologia omicida. Forse dalla noncuranza, dalla stupidità e dalla cattiveria che abbiamo visto mettere in campo oggi sui giornali c’è ancora la possibilità che nasca qualcosa di buono.

    Dora Hivforum Sandro Mattioli Dante Loreti Valeria Valenti Marzia Magi Galluzzi Pasqualina Agostini Elena Brescacin Monica D'Angelantonio Paola Pagliari Marco Piasentin

    Nel 2018 queste cose non dovrebbero più accadere.
    Mi rivolgo a tutti coloro che magari leggendo si troveranno a parlare di HIV: le parole hanno un peso specifico, capite come usarle ed imparate ad usarle bene.

    Grazie

    Approfondimenti

    Terminologia UNAIDS da adottare - quando si parla di HIV/AIDS (in lingua inglese)
    www.unaids.org/en/resources/documen...logy_guidelines

    Lila - Hiv e media: LILA insieme a Redattore Sociale per “Parlare Civile”
    www.lila.it/it/news/665-parlare-civile-news

    Lila - Hiv e media: Breve guida per gli operatori dell'informazione
    www.lila.it/it/lila-dice/270-hiv-e...ll-informazione


    Ora riportiamo per l'ennesima volta le evidenze scientifiche degli ultimi anni.

    Andiamo con ordine:

    Tasp (Treatment as prevention - terapia come prevenzione) La dichiarazione svizzera compie 10 anni - U = U ---->> UNDETECTABLE = UNTRASMITTABLE

    CITAZIONE
    Il 30 gennaio 2008 gli esperti della Commissione federale svizzera per l’Aids affermarono per la prima volta che una persona sieropositiva in terapia efficace non può trasmettere il virus. Questo il nocciolo della cosiddetta “dichiarazione svizzera” a firma EKAF (Eidgenössische Kommission für Aids-Fragen der Schweiz), rinominata nel 2012 EKSG, Commissione confederale svizzera per la salute sessuale.
    Il gruppo di studiosi capeggiato da Pietro Vernazza (nella foto) pubblicò una serie di dati, non corposissima, a sostegno di questa tesi poi confermata da ampi studi successivi. Che il raggiungimento dello status di “undetectable”, con la viremia stabilmente non rilevabile sotto le 50 copie per millilitro cubo di sangue, fosse sinonimo di non contagiosità era ormai una speculazione frequente in ambito infettivologico. A partire dal 1996 l’introduzione della classe degli inibitori della proteasi aveva condotto a un nuovo standard terapeutico, con tre principi attivi: la cosiddetta HAART, highly active antiretroviral therapy, oggi semplicemente ART. Stiamo parlando della terapia efficace che ha salvato e continua a salvare decine di milioni di vite, garantendo livelli di salute e di qualità di vita del tutto paragonabili a quelli delle persone sieronegative. Come funziona questa terapia? Semplice: abbatte la quantità di virus nel corpo e lo tiene in scacco, impedendo la replicazione.

    Continua a leggere dalla fonte

    www.plus-onlus.it/tasp-la-dichiaraz...compie-10-anni/




    A fronte di questa dichiarazione negli anni sono stati approfonditi, in diversi studi che hanno provveduto ad analizzare i comportamenti sessuali coppie etero o gay (sierodiscordanti, ovvero formate da persona HIV+ e persona HIV-) con regolare consumo di rapporti non protetti.

    Ebbene nemmeno un caso di trasmissione.

    Gli studi di riferimento sono:

    Studio HTPN052

    Studio PARTNER



    A seguito di ciò arriva la sottoscrizione da parte delle più importanti associazioni a livello internazionale (ci siamo anche noi in quanto Forum) che trattano HIV/AIDS.

    Nasce PREVENTIONACCES.ORG e viene definitivamente coniata l'equazione U=U (UNDETECTABLE MEANS UNTRASMITTABLE) tradotta in Italiano I=I (IRRILEVABILE = INTRASMISSIBILE) potete trovare la discussione qui https://hivfriends.forumfree.it/?t=73746187

    A seguito di ciò il CDC di Atlanta, ovvero il Centers for Disease Control and Prevention www.cdc.gov
    sancisce l'ufficialità dell'equazione avvalorando definitivamente la tesi che U=U #entry613633926

    La LILA (Lega Italiana per la lotta all'AIDS) lancia nello scorso anno una rivoluzionaria campagna basata sulle EVIDENZE SCIENTIFICHE, con opuscoli e un video (potete trovare la discussione qui https://hivfriends.forumfree.it/?t=75009182)




    A tal proposito la LILA era già intervenuta con un comunicato ufficiale dopo il clamore massmediatico generato da Valentino T. :
    https://hivfriends.forumfree.it/?t=71954630

    Anche Plus-Onlus (network di persone sieropositive LGTBQ) si schierava contro il giornalismo che discrimina le persone sieropositive:
    https://hivfriends.forumfree.it/?t=73741375


    Insomma gli anni passano ma le parole usate dai nostri "amici" giornalisti restano sempre uguali e costanti nel tempo, nonostante l'alone viola non lo indossiamo più (non lo abbiamo mai indossato in verità, ci è stato appioppato dai media), nonostante grazie a progressi della scienza ci sia stata donata un'altra vita e possiamo continuare a fare tutto quello che vogliamo senza doverci sentire "diversi".

    U=U

    Ricordatevi che non è solo compito della persona sieropositiva proteggere (e proteggersi in quanto non esiste solo HIV) ma è anche compito vostro proteggervi.

    Edited by kurtisit - 14/6/2018, 20:05
     
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  2. NewApril
     
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    Grazie kurtsit!
     
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  3. Moz
     
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    :wub:
     
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    Continuiamo con le corrette informazioni e le risposte contro questo caso mediatico trattato di M. (mi si conceda almeno l'iniziale per dare un senso) dai giornalisti e dalle varie testate.

    Tra queste, però, spicca un barlume: AGORAVOX che riporta
    www.agoravox.it/HIV-basta-poco-per-riaccendere-lo.html

    Articolo a cura di Marinella Zetti

    CITAZIONE
    L’uomo sieropositivo e negazionista di Ancona ha riacceso il dibattitto ed evidenziato che in Italia la diffusione di informazioni corrette è demandata alle associazioni.

    «Un negazionista dell'Aids ha rapporti non protetti con duecento donne. Uno che chiunque di noi riempirebbe di insulti. La stampa riesce come.al solito a informare in maniera scorretta, senza neanche accennare al fatto che chi si cura bene non è infettivo. Come al solito torniamo tutti a essere dei mostri. Anni di lavoro contro lo stigma buttati ai pesci». Queste le parole di Massimo Cernuschi, infettivologo e presidente di ASA-Associazione Solidarietà Aids, per commentare la vicenda di Ancona.

    Cosa è successo lo sanno tutti: un uomo positivo all'HIV da circa 11 anni ha avuto rapporti sessuali senza adottare precauzioni. È stato arrestato dagli agenti della squadra mobile, dopo la denuncia di una donna che si è ritrovata sieropositiva, e adesso è nel carcere di Ancona. In questi anni potrebbe aver infettato 200 donne.

    Giornali e tv hanno dato la notizia, spesso usando il termini “untore” che è estremamente discriminatorio, offensivo e, come evidenzia Sandro Mattioli, presidente di Plus onlus, network di persone LGBT sieropositive: «Anche scorretto dal punto di vista giornalistico: come la stessa accusa rileva, se l’uomo ha passato l’infezione alle donne con cui ha avuto rapporti sessuali non lo ha fatto ‘volontariamente’ ma con ‘negligenza’; siamo certi che la distinzione non vi sfugge. Quindi preghiamo di evitare l’uso di questo termine in futuro».

    Quello che mi ha colpita è che negli articoli di giornali e tv, i colleghi giornalisti si siano limitati alla notizia di cronaca, senza fornire ulteriori informazioni, ad esempio che è scientificamente provato ormai da un decennio che le persone con HIV che seguono correttamente, da almeno sei mesi, una terapia antiretrovirale hanno quantità di virus così basse nel sangue da non essere in grado di trasmettere l’infezione per via sessuale. «Questo rende di fatto possibile per una persona con HIV avere rapporti sessuali senza usare il condom, senza per questo rischiare di trasmettere l’infezione. – sottolinea Mattioli - È quindi scorretto delineare questo comportamento come pericoloso di per sé».

    Ovviamente i colleghi non hanno parlato nemmeno di preservativo/condom/profilattico che rimane un presidio di prevenzione fondamentale nei rapporti occasionali.
    E nemmeno hanno spiegato cosa fare in caso di esposizione al virus. Si chiama PeP e va effettuata entro le 24-48 ore successive al rapporto a rischio. Si tratta di un cocktail farmacologico che viene somministrato alla persona a rischio e che è in grado di ridurre notevolmente la percentuale di trasmissione del virus. «Superate le 48 ore, le persone che hanno avuto rapporti che possono essere considerati a rischio devono rivolgersi a un centro competente e sottoporsi a un colloquio, a seguito del quale devono eseguire il test, inizio di un periodo più o meno lungo di controlli. – spiega Massimo Galli, presidente della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali – SIMIT- Nel caso in cui si riscontri l’infezione da HIV, non si tratta affatto di una sentenza di morte: la persona può essere curata tempestivamente e con ottima tolleranza, avendo delle aspettative di vita pari alla popolazione generale se la terapia viene iniziata in tempi utili. La malattia dunque si controlla e si impedisce un’evoluzione sfavorevole».

    Purtroppo in Italia si parla e si scrive di HIV solo il Primo dicembre e per tutto il resto dell’anno si ignora il virus e non si forniscono informazioni con il risultato di avere una popolazione ignorante e facile preda dell’infezione. E noi che operiamo nelle associazioni ci rendiamo conto dell’alto livello di disinformazione dalle domande che riceviamo ai nostri centralini: sono le stesse di trent’anni fa.
    Superfluo sottolineare da troppi anni non c’è una campagna informativa fatto dal Ministero della Salute. La possibilità di fermare la diffusione dell’HIV passa anche attraverso la diffusione di informazioni corrette e scientificamente fondate; e, soprattutto, nell’evitare ogni forma di scandalismo teso a solleticare il terrore che molte persone ancora hanno nei confronti di questa infezione.

    Ancora una volta

    U = U
     
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    Anche la Lila presenta il suo comunicato contro la vicenda:

    https://www.lila.it/it/2012-10-11-13-28-39.../1071-ancona-cs

    CITAZIONE
    La vicenda dell’uomo di Ancona che avrebbe consapevolmente trasmesso il virus alla compagna e altre decine di persone ripropone, ancora una volta, il tema del linguaggio e dei messaggi utilizzati da alcuni organi di stampa nella trattazione di vicende che coinvolgono persone con HIV. Dello specifico della vicenda e delle responsabilità dell’indagato si occuperà, ovviamente, la magistratura ma: “Da parte nostra, certamente, non possiamo non pensare al terrore che stanno vivendo le persone che hanno avuto rapporti sessuali non protetti con questo signore – dice Massimo Oldrini, presidente nazionale della LILA – a loro va la nostra vicinanza. E’ importante che si sottopongano subito al test – prosegue Oldrini - sappiano anche che non è scontato che abbiano contratto l’HIV e che, in caso contrario, la vita non è per niente finita e si può fare molto per vivere bene. Le persone coinvolte possono contattare le nostre helpline e contare sul nostro supporto informativo e psicologico”.

    Proprio nel superiore interesse della salute pubblica, e per evitare il ripetersi di simili episodi, la LILA non può, dunque, non segnalare il rischio di continuare a diffondere sull’HIV messaggi sbagliati, discriminatori e pericolosi.

    Il primo di questi messaggi sbagliati sta nell’ampio utilizzo dal termine “untore” di cui non facciamo che ribadire da decenni il potenziale discriminatorio ed offensivo nei confronti di tutte le persone con HIV, oltreché la pericolosa scorrettezza scientifica. Il termine “untore”, legato al nefasto immaginario della “peste”, e irriso dal Manzoni già due secoli or sono, evoca modalità di contagio unilaterali, attribuibili al solo contatto fisico o addirittura alla trasmissione per via aerea; suggerisce, ancora, atti volontari e colpevoli messi in atto da personalità perverse da cui è impossibile difendersi. Le vie di trasmissione dell’HIV sono invece ben note, circoscrivibili, precise; soprattutto, dall’HIV ci si può proteggere con il condom o con le profilassi pre-e post esposizione (PrEP e PEP).

    Come già accaduto per altri analoghi fatti di cronaca, alcuni organi di stampa stanno presentando il caso di Ancona come se fosse un caso-simbolo, rivelatore di un rischio incombente e sempre presente che può sconvolgere le vite di “ignari” cittadini o cittadine. Suscitare sentimenti di orrore e paura può essere una ricetta mediatica molto redditizia ma nulla è più lontano dalla realtà. In Italia le persone con HIV in cura presso i centri clinici sono oltre 100mila. Quasi Il 95% di loro, grazie alla terapia ART, ha raggiunto uno stato di viremia controllata, cioè prossima allo zero, fattore che, come dimostrano ormai le evidenze scientifiche (TasP), le rende non infettive. In altre parole, le persone con HIV, in stato di soppressione virologica monitorata, non trasmettono il virus anche in caso di mancato uso del profilattico. Al contrario, il principale serbatoio di infezione nel nostro paese è dovuto alle persone con HIV che non sono consapevoli del loro stato sierologico e che non percepiscono di aver corso o di correre dei rischi. In diversi servizi e notizie concernenti il caso di Ancona invece tutto questo non è spiegato. Il messaggio che se ne evince è: “L’uomo ha l’HIV dunque trasmette il virus”. Invece la persona in questione trasmette il virus perché non è in cura.

    I servizi e gli articoli di questi giorni ripropongono ancora una volta lo schema: untore-vittima “ignara”, cioè non informata dal partner del proprio stato sierologico HIV- positivo.
    Informare di questo il/la partner attiene a un codice di condotta personale certamente apprezzabile. Tuttavia non è certo un elemento risolutivo sul piano della salute pubblica in quanto scarica la responsabilità della prevenzione solo sulle persone con HIV, peraltro oggi, come già spiegato, in gran parte non più “infettive”. Proteggerci dall’HIV dovrebbe essere invece una precisa responsabilità di ciascuno/a di noi: il nostro partner o la nostra partner può non sapere di aver contratto il virus, può trovarsi nel periodo finestra, noi stessi o stesse potremmo non essere consapevoli della nostra condizione.

    Nel caso limite di Ancona è entrato in ballo, purtroppo, anche l’elemento negazionista. A fronte delle evidenze scientifiche, nel nostro paese stanno diminuendo le persone con HIV che, non riuscendo ad accettare questa condizione, rimuovono il problema sposando queste pseudo - teorie. “L’’HIV non esiste dunque io non sono malato” è il paradigma di questi filoni di pensiero anti-scientifici alimentati, purtroppo, anche dallo stigma sociale che grava da sempre sulle persone con HIV e dalla paura di non essere accettati/e. Per questo diffondere un’informazione scientificamente corretta e non discriminatoria è fondamentale per sradicare queste teorie vecchie e pericolose.


    Questo caso, come già altri precedenti, ci suggerisce anche altri interrogativi fondamentali e degni di essere approfonditi: “dove ha fatto il test quest’uomo? Chi ha parlato con lui? Ha ricevuto un counselling adeguato al momento della comunicazione dell’esito del test? Sono state messe in atto tutte le strategie per un efficace trattenimento in cura? E ancora, perché in Italia non si mettono sistematicamente in campo azioni di prevenzione e di testing efficaci e mirate a target differenziati? Secondo Massimo Oldrini: “E’ assurdo e ipocrita, ad esempio, che in nessuno dei tanti siti d’incontri, prevalentemente a carattere sessuale, non ci siano indicazioni e raccomandazioni su come divertirsi senza rischiare”.

    In conclusione: affrontare il problema HIV/AIDS in un’ottica puramente scandalistica aumenta solo lo stigma verso le persone con HIV che da decenni si battono, non solo per i loro diritti, ma per il diritto alla salute di tutti e tutte. Raccontare nel modo sbagliato un evento come quello di Ancona, sicuramente grave, serve solo a riaccendere la paura verso le persone che vivono con l’HIV, contrasta la diffusione di corrette informazioni sulla prevenzione, non permette una corretta percezione del rischio e spinge tanta gente a rimuovere il problema, a non proteggersi e a non fare il test.

    Per sconfiggere il virus abbiamo più bisogno che mai della stampa e dell’informazione. Il ripetersi di certi errori rischia tuttavia di vanificare anche il lavoro di tanti giornalisti e di tante testate (per fortuna sempre di più) che operano con competenza e passione.
     
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  6. Antidoto
     
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    Continuo a pensare, in modo ancora più convinto di quanto lo pensavo prima della vicenda Talluto e adesso della vicenda di Ancona, che le associazioni e tutti coloro che a vario titolo si occupano della lotta all'HIV/AIDS, devono fare il salto di qualità sul piano della strategia da mettere in campo per arrivare almeno ad informare l'intera popolazione italiana di quelle che sono le evidenze scientifiche. La propagazione del virus nel nostro paese, come viene giustamente denunciato dalle associazioni è a livelli preoccupanti, soprattutto viene riscontrata un alta incidenza tra i giovani che ancora non sanno nemmeno dell'esistenza del virus e per questo non usano precauzioni. Sia nell'articolo della LILA, e sia nell'articolo di denuncia dell'ASA, viene giustamente messo a risalto la negligenza del ministero della salute colpevole di non mettere in atto campagne efficaci per informare e combattere lo stigma sociale che purtroppo ancora avvolge le persone affette da HIV. A mio avviso, risiede proprio su questo punto il salto di qualità che le associazioni devono compiere se vogliono per davvero combattere efficacemente la propagazione del virus e lo stigma sociale che si determina tra la popolazione di sieronegativi a causa della mancata e capillare informazione sulle evidenze scientifiche (TASP). Sarebbe opportuno che le associazioni collaborino di più tra loro in modo da mettere in campo azioni comuni sia sul piano informativo e sia finalizzate a stimolare il Ministero della Salute ad occuparsi della questione HIV in modo efficace. Devono assumersi la responsabilità di denunciare di chi sono le responsabilità del continuo proliferare dell'infezione da HIV nel nostro paese, non ci si può limitare soltanto a fare qua e la qualche iniziativa, oppure il lavoro stretto di associazione che è importantissimo, che deve continuare, ma, allo stesso tempo, bisogna uscire fuori allo scoperto coinvolgendo tutti i soggetti sociali: stampa, TV, media, social, seguendo magari l'esperienza francese di ACT-Up Paris che in Francia si è rivelata estremamente positiva.
     
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  7. NewApril
     
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    Verissimo il lavoro delle associazioni nonostante sia continuo e assiduo nn e' abbastanza ed e' evidente che senza l aiuto dello Stato..tutto il loro lavoro viene spazzato in un attimo con gran sentimento di frustrazione.
    Ma io mi domando c e' una reale volonta' di fermare l epidemia?
    E' possibile che lo Stato nn agisca in maniera decisa perche' cio' comporterebbe troppi soldi
    In uscita dalle casse?..
    Si ipotizza sui i giornali cifre enormi di sieropositi inconsapevoli. Se uscissero allo scoperto e tutti in cura..la spesa non sarebbe sostenibile..
    Ipotizzo poi non so..
    Nel caso di Ancona..e' evidente la responsabilita' personale..ma io ci vedo enormi responsabilita' anche da chi diffonde delle bufale..
    Per un senso logico mi aspetto titoli di giornali che dicano
    Arrestati i sostenitori e diffusori di teorie negazioniste..questo nn lo vedo eppure e' palese la loro responsabilita'..
    Speriamo in una cura al piu' presto.
     
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  8.  
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    A tal proposito riporto un articolo con una piccola intervista al prof. Guido Silvestri

    https://www.viveresenigallia.it/2018/06/16...a-galera/687277

    Il prof. Guido Silvestri sul caso Pinti: "L'HIV non può essere negato, e chi lo fa merita la galera"

    articolo di Valeria Bellagamba

    La provincia di Ancona è stata scossa in questi giorni dal caso del giovane trasportatore di Agugliano, Claudio Pinti, affetto da Hiv da almeno 10 anni, che in tutto questo periodo non si sarebbe mai curato e avrebbe avuto rapporti non protetti con oltre 200 partner, stando a quanto ha riferito lui stesso alla polizia.

    Su questo caso intervistiamo il professor Guido Silvestri, senigalliese che da anni dirige negli Stati Uniti un laboratorio di ricerca di studio dell'infezione da HIV, massimo esperto mondiale del virus.

    In questa vicenda, oltre alla condotta irresponsabile dell’uomo, quello che sconcerta è la negazione, da parte di Pinti, che il virus dell’Hiv provochi l’Aids. Al di là delle azioni del singolo individuo, in casi come questo si possono ravvisare delle responsabilità esterne da parte di chi diffonde pericolose teorie cospirazioniste?
    S. "Per quanto mi riguarda, da medico, il signor Pinti rimane prima di tutto un paziente. Il suo comportamento e’ assurdo dal punto di vista scientifico, estremamente discutibile dal punto di vista morale, ed anche penalmente perseguibile. Ma dal punto di vista medico e psicologico la sua e’ stata una reazione di difesa (appunto il diniego), alla diagnosi di una malattia potenzialmente mortale. Per come la vedo io, i veri responsabili di questo terribile episodio sono quei "medici", a volte anche infettivologi, che direttamente o indirettamente gli hanno messo in testa questa idea folle del "negazionismo", una idea che nel mondo ha gia' causato un numero enorme di morti. E mi pare assurdo che il paziente sia finito in galera mentre questi cattivi consiglieri non solo la fanno franca, ma addirittura vengono omaggiati ed invitati a fare conferenze, come purtroppo e’ avvenuto alcuni mesi fa nella nostra Senigallia, grazie ad un certo gruppo consiliare. Spero che, almeno adesso, questi signori si rendano conto della gravita' di quello che hanno fatto".

    Claudio Pinti è stato etichettato come "untore" di un possibile contagio di massa. È preferibile usare una terminologia diversa per i malati di HIV?
    S."Il termine untore è assurdo e sbagliatissimo. Oggi la infezione da HIV è prevenibile e curabile (anche se non guaribile). Diro’ di più: usare il termine untore è come dare un cazzotto in piena pancia alle persone con HIV che lottano per far capire a tutti che avere l’HIV non significa automaticamente avere l’AIDS, che se si è stabilmente in terapia antiretrovirale l’infezione è così ben controllata che il virus scende sotto la soglia che rende chi ce l’ha infettivo, e che chi, grazie ai farmaci, ha livelli di viremia non rilevabili non potrebbe trasmettere il virus per via sessuale neppure se lo volesse. Purtroppo molti giornali anzichè fare sull’HIV/AIDS una informazione corretta stanno invece mettendo in campo un apparato di termini stigmatizzanti e di argomentazioni adatte ad attirare i lettori. Ma alle reazioni di chi con l’HIV ci deve convivere, al male che fa essere automaticamente associati a un "untore", chi ci pensa?".

    Chi è contagiato dall’Hiv senza saperlo, quando inizia a rendersi conto della malattia? E quanto tempo ha a disposizione prima che le conseguenze siano irreparabili e si manifesti l’Aids? Come è possibile che alcune persone sieropositive trascorrano degli anni senza alcun sintomo evidente come sarebbe accaduto a Claudio Pinti
    S. "E' perfettamente normale che una persona infettata con HIV rimanga del tutto priva di sintomi e quindi apparentemente sana per alcuni anni anche senza fare terapie – si tratta della storia naturale dell’infezione che conosciamo ormai da oltre 30 anni. Aggiungo che in alcuni casi questa fase di cosiddetta latenza clinica puo’ durare anche per molti anni: si tratta di un fenotipo dell’infezione raro ma ben conosciuto: sono i cosiddetti 'slow progressors' o 'controllers'. Però in assenza di terapie circa il 99% delle persone che vivono con HIV vanno incontro all’AIDS, che è una immunodeficienza a mortalita’ altissima. Per questo è fondamentale che chi è infettato con HIV faccia le opportune terapie antiretrovirali, che sono efficaci e sicure. Le deve fare in primis per sè stesso, e poi per evitare di contagiare i suoi partners sessuali".

    Dopo le paure degli anni ’80 e ’90, negli ultimi tempi l’allarme sociale su Hiv e Aids si è parecchio affievolito. Proprio la regione Marche è una delle regioni italiane con la più alta incidenza di casi di sieropositività. Come si può intervenire per sensibilizzare maggiormente la popolazione?
    S. "Alcune parole chiavi sono informazione, educazione, sensibilizzazione, e checkpoint. I primi tre sono concetti ben conosciuti, e sui quali non bisogna mai abbassare la guardia. Invece vorrei parlare un po’ di piu’ dei checkpoint, che sono i centri per l’offerta del test HIV al di fuori dell’ambiente ospedaliero. Questi checkpoint sono gestiti dalle associazioni e rappresentano uno strumento fondamentale per contrastare la diffusione dell’HIV, specie in determinati gruppi di popolazione. Ricordo che la diagnosi tempestiva dell’infezione è un intervento fondamentale. Tra il momento dell’infezione e quello della diagnosi possono passare diversi mesi, in alcuni casi persino anni. In questo periodo la persona può trasmettere involontariamente il virus: secondo alcuni studi, ai casi non diagnosticati di sieropositività – stimati in Europa intorno al 13-16% del totale – è attribuito fino al 66% delle nuove infezioni. Potenziare l’accesso al test è cruciale. Bisogna quindi rinforzare l’attività dei checkpoint esistenti e aprirne di nuovi".

    Lo scorso aprile, è stato nominato nuovo presidente del consiglio scientifico dell'Anrs (Agence Nationale de Recherche sur le Sida et les Hépatites), ente che dal 1988 finanzia e coordina tutte le ricerche di base, cliniche ed epidemiologiche sulle infezioni da Hiv ed epatiti in Francia. Quali sono i prossimi progetti dell’Anrs?
    S. "Questa nomina rappresenta per me una grande soddisfazione ma anche una enorme responsabilita’, della quale spero di essere all’altezza. L’ANRS e’ il piu’ grande ente che finanzia la ricerca su AIDS ed epatiti nel mondo al di fuori degli USA. Il nostro scopo e’ di continuare a coordinare e supportare una ricerca di base, clinica ed epidemiologica di assoluto valore internazionale e che contribuisce in modo determinante a sconfiggere queste malattie".

    Lei ha di recente pubblicato un articolo sulla prestigiosa rivista scientifica Nature che da molti e' stato definito "una scoperta essenziale" verso ll'eliminazione della malattia...
    S. "E' un articolo carino, se mi passate il termine, e ci ha fatto piacere ricevere cosi' tanti commenti favorevoli. Ma e' solo un passo verso la'eliminazione dell'AIDS, e la strada per raggiungere questo obiettivo e' ancora lunga. Io pero' sono un ottimista di natura, e penso che alla fine vinceremo questa battaglia".
     
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  9. NewApril
     
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    Gli darei un bacione a sto professore :) :)
     
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  10. Antidoto
     
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    L'analisi postata da Kurtisit in merito alla testimonianza dell'infettivologo di Senigallia apre un ragionamento complessivo su ciò che si dovrebbe fare per combattere la propagazione del virus e lo stigma sociale. E' importante perché proviene da un importante medico del settore che ha conoscenze infinite sulla malattia e la sua proposta dei chekpoint è sicuramente da rilanciare. Però, giustamente, come diceva April nel suo intervento, le associazioni hanno risorse limitate per generalizzare come andrebbe fatto l'apertura sui territori dei chekpoint. Per questo si dovrebbe aprire un canale di discussione pubblico sui media e i social su come far leva sul Ministero della Salute affinché si convinca che la battaglia per sconfiggere l'HIV, ha bisogno di risorse economiche che devono essere investite.
     
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    In linea generale "esiste" il PNAIDS (Piano Nazionale di interventi contro HIV e AIDS)

    http://www.salute.gov.it/portale/documenta...taliano&id=2655

    che (riporto quanto scritto) dovrebbe proporre queste determinate iniziative:

    CITAZIONE
    Piano nazionale di interventi contro HIV e AIDS (PNAIDS)

    A cura di Ministero della Salute

    Abstract
    Il Piano Nazionale AIDS 2017-2019 si propone di delineare il miglior percorso possibile per conseguire gli obiettivi indicati come prioritari dalle agenzie internazionali (ECDC, UNAIDS, OMS), rendendoli praticabili nella nostra nazione.
    Obiettivi prioritari degli interventi previsti nel Piano sono:

    Delineare e realizzare progetti finalizzati alla definizione di modelli di intervento per ridurre il numero delle nuove infezioni.
    Facilitare l’accesso al test e l’emersione del sommerso
    Garantire a tutti l’accesso alle cure
    Favorire il mantenimento in cura dei pazienti diagnosticati e in trattamento
    Migliorare lo stato di salute e di benessere delle persone PLWHA
    Coordinare i piani di intervento sul territorio nazionale
    Tutelare i diritti sociali e lavorativi delle persone PLWHA
    Promuovere la lotta allo stigma
    Promuovere l’Empowerment e coinvolgimento attivo delle popolazione chiave

    PDF completo: www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2655_allegato.pdf

    Ma resta tutto molto "campato in aria".
     
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  12. NewApril
     
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    A parte il giornalismo scorretto..
    Ma io dico
    Ieri sera..tarda sera ad esempio
    Guardavo la tv
    Programma interrotto da pubblicita'
    Due che si sbaciucchiano (uomo/donna) che fanno intendere che andranno al sodo..
    Pubblicita' condom
    Stop pubblicita'compare
    Scritta in piccolissimo che ci voleva una lente d ingrandimento: "il condom serve a proteggerti dalle malattie sessualmente trasmissibili"
    Tipo
    Come nei contratti dove ci sono le clausole scritte in piccolissimo..sperando che nn vengano lette..e poi so quelle clausole che ti fregano
    Ugualeeeee

    Ma io dico..scrivetelo a caratteri cubitali..in giallo forforescente..rosso..
    E poi mi dico da donna etero
    Esiste un cavolo di condom femminile..Ditelo Ditelo Ditelo

    Societa' la nostra Omofoba e maschilista

    (April vattene al mareeee)
     
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    http://www.quotidianosanita.it/governo-e-p...ticolo_id=63031

    Hiv. Dopo il caso delle persone infettate da un sieropositivo “negazionista”, pazienti e scienziati chiedono incontro urgente al ministro della salute Grillo

    In una lettera a prima firma di Margherita Errico (Nps) cui seguono oltre 40 firme di rappresentanti delle associazioni dei pazienti e personalità della comunità scientifica italiana la richiesta di incontro con il ministro della Salute per parlare del caso del 36enne di Ancona sieropositivo all’Hiv, e appartenente ai cosiddetti negazionisti che confutano l'esistenza stessa dell'Aids, arrestato nei giorni scorsi con l’accusa di aver volontariamente infettato circa 200 persone inconsapevoli.

    Gentile Ministro Grillo, sono Margherita Errico, presidente del Network Nazionale Persone Sieropositive – NPS Italia onlus – e Le scrivo anche a nome di quanti sottoscrivono la presente in merito alla vicenda di cronaca avvenuta qualche giorno fa ad Ancona dove il 36enne Claudio Pinti è stato arrestato per aver trasmesso il virus HIV, causa dell’AIDS in assenza di terapia antiretrovirale, alla sua recente partner e forse ad altre 200 persone e più, fatti ovviamente da accertare”, con questo incipit Errico, altri rappresentanti di associazioni e oltre 40 medici e scienziati italiani hanno chiesto un incontro urgente al ministro della Salute Giulia Grillo.

    I punti da affrontare sono sia quello delle modalità di informazione su episodi come questi che, in particolare per il caso in questione, il fatto che il giovane arrestato appartiene ai cosiddetti “negazionisti” (teoria di Duesberg) che negano il fatto che l’Hiv possa provocare l’Aids e addirittura l’esistenza del virus e affermano che non è necessario assumere le terapie antiretrovirali perché dannose.


    Per i firmatari della lettera “è proprio negando l’esistenza del virus HIV che si producono questi risultati: persone che non si curano, ma che essendo infette e non usando il preservativo possono trasmettere il virus a molte altre persone”.

    Da qui la richiesta di incontro con il ministro, “perché riteniamo assolutamente necessario un Suo intervento all’Ordine dei Medici relativamente a quei medici che in Italia, dopo e insieme alle teorie di Duesberg, stanno producendo simili danni ancora nel 2018”.

    “Desideriamo anche sottolineare in qualità di esperti – scrivono ancora i firmatari della lettera - come l’assenza di comunicazione continua e ben articolata su tutti i canali media ad oggi a disposizione unitamente alle teorie negazioniste siano elementi letali e favorenti la diminuzione dell’attenzione sul tema HIV e Aids dove in Italia il trend è ormai fisso da troppi anni sulle circa 3600 infezioni l’anno, ovvero almeno 10 diagnosi al giorno “.

    E infine la richiesta a Grillo “di decidere quali strategie adottare in merito a questo atteggiamento non scientifico in quanto riteniamo che si tratti di una fondamentalequestione di Sanità Pubblica e quindiprofondamente politica”.

    Qui la lettera completa:
    www.quotidianosanita.it/allegati/allegato4276875.pdf
     
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  14. NewApril
     
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    Sono proprio curiosa di vedere se ci sara' risposta da parte del Ministro..e se realmente si agira' con fatti..
     
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    http://www.meteoweb.eu/2018/06/simit-hiv-l...onismo/1112568/

    SIMIT su Hiv, lettera al Ministro Grillo: “Intervenire con fermezza contro il negazionismo”

    "È opportuno che gli Ordini professionali vigilino e se necessario intervengano, ribadendo chiaramente la condanna del negazionismo in HIV e perseguendo chi lo fomenta"

    Articolo a cura di Filomena Fotia

    Gli specialisti della SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, ribadiscono: “È opportuno che gli Ordini professionali vigilino e se necessario intervengano, ribadendo chiaramente la condanna del negazionismo in HIV e perseguendo chi lo fomenta“.

    Dopo il recente caso di cronaca dell’untore di Ancona, gli specialisti lanciano un appello alle Istituzioni, ecco il testo della lettera indirizzata al Ministro Grillo:

    “Onorevole Ministro,

    La SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, che annovera tra i suoi soci la stragrande maggioranza dei medici che prestano assistenza alle persone che vivono con HIV/AIDS, desidera esprimere con questa lettera una fondata preoccupazione in merito alla persistenza di posizioni negazioniste su HIV/AIDS e segnalare la necessità di provvedimenti in proposito.

    E’ di per sé fatto grave che una persona consapevole da anni di essere portatore dell’infezione da HIV abbia rischiato di infettare mediante rapporti sessuali decine di partner e sia stata posta in regime di custodia cautelare in carcere con l’accusa di aver procurato lesioni personali gravissime ad una o più persone e di aver attentato alla salute pubblica. Decisamente sconcertante è la notizia che lo stesso avrebbe fatto riferimento a posizioni negazioniste rispetto a HIV.

    Basata sull’ipotesi di Duesberg, un microbiologo americano che verso la metà degli anni ’90 aveva sostenuto che HIV non fosse la causa dell’AIDS e che le terapie allora disponibili fossero dannose, la teoria negazionista, già scientificamente insostenibile al tempo della sua formulazione, è stata clamorosamente smentita da una enorme mole di dati e prove successive. Ciononostante, tocca rilevarne la periodica riproposizione, con conseguenze la cui possibile portata merita una assoluta attenzione da parte delle Autorità Sanitarie.

    Negli ultimi trent’anni HIV è stato responsabile di un’enorme quantità di sofferenze, tanto terribili quanto innegabili sulla base delle evidenze storiche e scientifiche. Dall’inizio dell’epidemia i morti di AIDS sono stati, secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della Sanità, oltre 35 milioni. Quasi sei volte i morti della Shoà provocati dalla furia nazista nella Seconda Guerra Mondiale. In Italia sono morte di AIDS più di 44mila persone: per avere un valore di riferimento, nella guerra del Vietnam i caduti americani sono stati un po’ meno di 60mila e nelle guerre per l’indipendenza italiana meno di settemila. La stragrande maggioranza di questi decessi si è concentrata nei tempi e nei luoghi in cui non era disponibile la terapia di cui i negazionisti disconoscono l’efficacia.

    Senza gli straordinari progressi scientifici in campo diagnostico e terapeutico, il tributo di morte che HIV/AIDS avrebbe continuato ad esigere sarebbe stato vicino al 100% delle persone infettate in un arco temporale compreso tra pochi mesi e 15-20 anni dal momento dell’infezione. La disponibilità di una diagnostica rapida e affidabile e di terapie estremamente efficaci, ben tollerate e largamente accessibili, almeno in Italia, ha ribaltato la situazione. Negare la validità di tutto ciò fornisce a soggetti particolarmente fragili o irresponsabili un appiglio per giustificare comportamenti inammissibili o per rifiutare le necessarie terapie, causando grave danno a se stessi e agli altri, per il permanere del loro stato viremico e della possibilità conseguente di trasmettere l’infezione mediante rapporti sessuali.

    Per contro, l’emergere di nuovi casi di “negazionisti attivi” finisce per estendere lo stigma ed il sospetto nei confronti delle persone che vivono con HIV/AIDS, accentuando il loro disagio. Tenuto conto che, sulla base di robuste evidenze scientifiche, una persona con viremia azzerata in seguito alla corretta e stabile assunzione delle terapie non è più in grado di trasmettere l’infezione, l’accentuazione dello stigma che deriva da questi fatti aggiunge danno ad ingiustizia.

    Si impone quindi la necessità di intervenire con fermezza contro il negazionismo. In particolare, è intollerabile che posizioni negazioniste possano essere diffuse e propagandate da laureati in medicina iscritti all’Ordine, in aperta violazione del codice deontologico professionale e in spregio dell’evidenza scientifica e delle sofferenze di chi per questa malattia ha sofferto ed è morto. È opportuno che gli Ordini professionali vigilino e se necessario intervengano, ribadendo chiaramente la condanna del negazionismo in HIV e perseguendo chi lo fomenta.

    Gli infettivologi italiani sentono il dovere e la responsabilità di rivolgersi a Lei, Signor Ministro, con la certezza di trovare nell’Istituzione che rappresenta lo strumento insostituibile per la tutela della salute dei cittadini. La preghiamo di considerarci al servizio di qualsiasi iniziativa Lei volesse intraprendere su questo tema presso le sedi istituzionali e attraverso i mezzi di comunicazione.”
     
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31 replies since 14/6/2018, 18:26   1587 views
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